Compagni di Viaggio

Fotografi siciliani sparsi nel mondo

Ferdinando scianna

-----

Una trentina di anni fa il mio angelo paterno Leonardo Sciascia individuava le ragioni, complesse e contraddittorie, che hanno provocato in Sicilia una straordinaria fioritura di grandi scrittori in una potente passione per il racconto della realtà, della vita, della storia. Il realismo letterario di cui parlava Sciascia non era banale. Una ossessione per la realtà che poteva sfociare nella fantasia, nella su-realtà. E Leonardo aveva già notato che su questa linea, per esempio, si muovevano anche alcuni fotografi siciliani. Ne presi spunto per immaginare e con facilità profetizzare che c’era da aspettarsi una fioritura della fotografia in Sicilia. Non si può negare che questa fioritura, ricca e importante, ci sia stata. Diversa, naturalmente, da quella letteraria, e peculiare. Essere siciliani e andare via è stato per moltissimo tempo quasi un sinonimo. Molti fotografi siciliani sono andati via, e li ritroviamo in giro per il mondo. Ma andare via, per un siciliano, è una faccenda complicata. Nessuno tra quelli che vanno via riesce veramente a smettere, in un modo o in un altro, di essere siciliano. E nessuno tra quelli che sono rimasti ha potuto evitare un’esperienza cosmopolita. Soltanto chi ha un villaggio nella memoria , ha detto Ernesto De Martino, può vivere un’esperienza cosmopolita. Ancora meno uno che fa fotografie, linguaggio cosmopolita per eccellenza della modernità La cosa straordinaria, che ho verificato più volte, è che l’inestirpabilità, che non sempre è positiva, di un certo modo di essere siciliano la si ritrova anche in quelli che sono nipoti e pronipoti dei loro nonni e bisnonni che sono stati costretti a partire. Basta citarne uno solo, grande regista, che ha comunque a che fare con le immagini: Martin Scorsese. Ho quasi voglia di fare un’affermazione orgogliosa, forse persino arrogante. Su quale altra regione italiana si sarebbe potuto fare un libro come questo di Roberto Strano, che racconta venti fotografi siciliani, dell’isola e della diaspora? E lui steso ci avverte che non è nemmeno, né poteva esserlo, esaustivo. Ma che cosa significa questo libro? In che cosa consiste la sua legittimità e importanza? A me pare che due sono le molle che hanno spinto Roberto a concepire e realizzare un progetto così singolare e emozionante. Tanto per incominciare l’amore divorante per la fotografia. E la fotografia, lo sappiamo, è i fotografi. Un viaggio dentro la propria passione attraverso gli incontri. Un viaggio da fotografo. Un viaggio che racconta storie e persone con fotografie di prim’ordine. Non un semplice repertorio: un racconto. Un racconto di scoperta e di amicizia, un’iniziazione di appartenenza. Ed è questa l’altra molla chiave del libro. Questo libro è una presa di coscienza culturale, la scoperta di una tradizione variegata e tuttavia unitaria che esiste e ci spiega, ci giustifica. Che spiega e giustifica Strano e noi tutti che figli di quel mondo facciamo i fotografi. Alla quale possiamo riferirci. Naturalmente, la maggior parte dei fotografi che incontriamo in questo libro li conoscevo. Ma altri, certo per mia ignoranza, mi erano sconosciuti. Ed è stata una emozione conoscerli e scoprirli. Fotografi spesso assai dissimili tra di loro e che appartengono a vicende storiche e personali apparentemente non facilmente riconducibili a un comune denominatore. Eppure, guardate le immagini, guardate i loro ritratti, leggete i loro racconti: che abbiano fotografato in Sicilia o altrove in tutti si respira un’aria comune, un’aria di famiglia. La fotografia siciliana esiste. Ed è, probabilmente, tra le più internazionali nella vicenda della fotografia italiana.