ilaria sagaria

Ilaria Sagaria nasce a Palomonte (SA) nel 1989. Trasferitasi a Napoli, si iscrive all’’Accademia di Belle Arti dove si diploma prima in pittura e poi in fotografia. Nel 2016 è tra le vincitrici ed i vincitori del premio Sette Opere di Misericordia bandito dal Museo del Pio Monte della Misericordia a Napoli. Alcune sue opere sono esposte nella collezione permanente del Museo d’Arte Moderna dell’Informazione e della Fotografia di Senigallia, nell’area dedicata all’Archivio Italiano dell’Autoritratto Fotografico. Nel 2018  è tra le finaliste ed i finalisti della Biennale dei Giovani Fotografi Italiani e del Premio Portfolio Italia  con il lavoro fotografico Il dolore non è un privilegio. Sempre nello stesso anno viene selezionata per la terza edizione del Laboratorio Irregolare a cura di Antonio Biasiucci. Nel 2021 espone Il dolore non è un privilegio presso le Gallerie degli Uffizi e vince il Primo Premio del XVIII Portfolio Italia 2021 con il lavoro Piena di grazia. Ha lavorato come fotografa tra Napoli e Monaco di Baviera e attualmente anche come docente di grafica e fotografia in Italia. La sua ricerca fotografica mira a restituire un immaginario complesso e stratificato del femminino, denso di simboli culturali, di rimandi e dettagli artistici, con particolare attenzione ai significati sociali, politici e psicologici. La fotografia la rende felice.

PIENA DI GRAZIA

La carne nella sua accezione più terrena si fa protagonista negli scatti di Ilaria Sagaria. Ripiegata, straziata, cruda diviene specchio di una trasfigurazione dove l’elemento del sacro è riportato a una visione sensorialmente terrena. Condannato alla grazia, emblema dell’inconciliabilità tra la visione idealizzata e quella reale, il corpo femminile mostra in queste immagini il suo dualismo tra estasi e tormento. La ricerca di precisi effetti chiaroscurali suggerisce un esito quasi pittorico che rievoca esiti caravaggeschi, coadiuvato dalla presenza di dettagli e simboli che attraversano la storia dell’arte, dal melograno, simbolo di fertilità, alle foglie larghe che alludono al pudore con il quale i progenitori si coprono dopo la cacciata dal Paradiso terrestre. Peccato e redenzione, paura e seduzione sono estremi di un pendolo che incessantemente oscilla nell’attraversare queste immagini, dove frammenti di un corpo in definizione si ricompongono in un ritratto collettivo, prima ancora che individuale. 

Testo di Alessandra Troncone