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Raffaele Petralla

Raffaele Petralla, è un fotoreporter, documentarista e docente di fotografia. Si è diplomato presso la Scuola Romana di Fotografia nel 2007.

Dopo aver lavorato per qualche anno sui set cinematografici in qualità di assistente alle luci, focus puller e operatore, decide di dedicarsi interamente alla fotografia di reportage e al video documentario, prestando particolare attenzione alle tematiche sociali ed antropologiche.

I suoi lavori sono stati pubblicati sulle principali testate internazionali tra le quali: New York Times, National Geographic U.S.A., Geo Magazine, Bloomberg Businessweek, The Washington Post, The New Yorker, Internazionale, L’Espresso, Days Japan, CNN photos, Der Spiegel, Terra Mater, D La Repubblica, La Repubblica, Corriere della Sera, De Morgen, VICE, De Morgen e molti altri.

Negli ultimi anni Petralla ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali e nominees tra cui: PDN Storytellers, Burn Emerging Fund, Premio Fotografia Etica, Premio Voglino, Lugano Photo Days, Siena International Photography Awards, Verzasca foto festival, New Visions COTM, Portfolio Italia 2019.

Dal 2015 è membro dell’agenzia Prospekt Photographers.

E’ docente fotografia di reportage presso il Centro Romano di Fotografia di Roma e la Scuola Spazio Tempo di Bari.

Cosmodrome

Estremo nord della Russia. Regione di Arkhangelsk. Confine con il Circolo Polare Artico. Military restricted border di Mezen. Un territorio ostile, in cui i fattori ambientali e climatici rendono la vita di tutti i giorni difficile ed estrema e a cui si aggiunge il pericolo dovuto alla caduta di razzi dal cielo. A circa 800 km di distanza vi è la base spaziale di Plesetks, dalla quale, dal 1997 sono stati effettuati più di 1500 lanci di satelliti nello spazio. Al momento del lancio, ogni satellite è supportato da quattro razzi a propulsione che hanno una lunghezza di circa 20 metri l’uno e che si sganciano e ricadono sulla terra una volta che il satellite è entrato in orbita. Molti di questi razzi ricadono nella tundra che circonda i villaggi di Mezen. Gli abitanti dell’area, che basano la propria sopravvivenza nelle attività di caccia e pesca, recuperano e riciclano i metalli di cui i razzi sono composti. Con le parti esterne fatte di un metallo - il dural - costruiscono slitte da neve e barche - chiamate “Racketa” - mentre dalle parti interne ricavano l’oro e il titanio che rivendono a peso. In estate la vita in questo territorio è molto più difficile che in inverno. Alla fine di aprile ghiaccio e neve si sciolgono completamente. I fiumi aumentano di livello, alcuni anche di 10 metri. Non è possibile costruire ponti. Le uniche strade che attraversano la tundra e la foresta sono coperte di fango e solo pochi giorni al mese sono percorribili. In inverno invece, quando i fiumi si ghiacciano, si vanno a recuperare i razzi caduti nei mesi precedenti. Vi è una sostanza altamente tossica utilizzata come propulsore che accompagna i razzi fino alla stratosfera. Si chiama heptyle - unsimmetrical dimethylhydrazine. Secondo le testimonianze degli abitanti, sono tantissimi i casi di cancro in tutta l'area di Mezen.
Raffaele Petralla