Massimo siragusa

Massimo Siragusa, docente allo IED di Roma dove coordina anche due corsi di formazione continua, è fotografo e direttore editoriale della Phaos Edizioni.

Le sue fotografie si trovano nelle collezioni permanenti dei Musei Vaticani, della Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, del Mart di Rovereto e del Museo di Roma in Trastevere, e sono state pubblicate sulle più autorevoli riviste internazionali. Ha collaborato con numerose Istituzioni Pubbliche e Fondazioni private con progetti editoriali ed espositivi e, con i suoi lavori di corporate, ha raccontato l’identità di molte delle più prestigiose aziende italiane. 

E’ autore di dodici libri e ha vinto quattro world Press Photo Awards e tre Sony Awards.

Vive tra Roma e Catania.

Il Lenzuolo strappato

Confesso che, prima di ricevere l’invito di Gaetano Gianzi, conoscevo Corigliano soltanto per il festival. Non avevo la minima idea della complessità del suo territorio. Mi verrebbe da dire della sua plurima identità, sottolineata dalla fusione con Rossano e dalla spiaggia di Schiavonea. Tutti e tre questi luoghi fanno parte dello stesso corpo, eppure esprimono anime differenti. Ed è proprio sulle singole identità che mi è sembrato interessante lavorare, non per sottolineare delle eventuali distanze, quanto per evidenziarne le sfumature e le complessità.

La complessità è un valore che aggiunge ricchezza ad un luogo, da cui non solo i suoi abitanti, ma anche gli ospiti occasionali possono trarne un enorme vantaggio. La complessità è anche una sfida visiva difficile da dominare, ma stimolante per il processo creativo.

Il centro storico di Corigliano è un dedalo di viuzze che si snodano in altezza, più che in larghezza. E, a ben guardare, tutto il paese sembra esprimersi in un percorso di verticalità. L’andamento urbanistico segue una sua stratificazione con le case addossate le une alle altre, democraticamente simili nella loro semplicità. Ha un fascino straordinario che lo fa assomigliare ad un presepe nostrano.

Da qui sono partito, facendo della sovrapposizione il filo conduttore di tutto il processo fotografico, colta ora con una visione corale, ora con l’indugiare su di un angolo o su una quinta dal sapore vagamente teatrale.

Rossano ha un animo nobile, con i suoi austeri palazzi sparsi qua e là. Niente a che vedere rispetto al simpatico caos di Corigliano. Un’anima che acquisisce forza nell’attimo del passaggio tra il giorno e la notte. “Entre chien et loup”, come la definiscono in Francia. Un’ora del giorno che diventa centrale nel cercare l’identità del luogo, quando i volumi si modellano grazie ai differenti colori della luce artificiale. Nascono così prospettive impreviste e oggetti, apparentemente meno importanti, prendono forma e significato. La magia del momento dona la stessa dignità al grande palazzo, come all’angolo di un parcheggio incastonato tra alberi e case.

E che dire, alla fine, del mare colto nell’ultimo scampolo di un’uggiosa giornata di fine inverno?

Schiavonea ha la fortuna di essere distesa su di una spiaggia lunghissima e di non avere barriere, tra la città e il suo mare. Il passaggio tra antropizzazione e natura avviene quasi semplicemente, senza soluzione di continuità. I pochi elementi determinati dalla mano dell’uomo si scorgono appena nel vuoto del paesaggio, e conferiscono alla spiaggia un sapore vagamente surreale.  La condizione ideale per un fotografo, che deve conciliare la necessità della ricerca del “genius loci” di un luogo, con l’obbligo di non cadere in un retorico e nostalgico racconto del mare invernale.

Alla fine di questo percorso mi viene spontanea una considerazione: forse sono proprio i luoghi come Corigliano-Rossano, con il loro essere articolati e complessi, ma anche con la forza della loro identità, ad essere un ottimo posto dove poter vivere. Un equilibrio perfetto tra la chiusura di un piccolo paese e la dispersione di una grande città.

Massimo Siragusa