16a EDIZIONE 2018,  Festival 2018,  Mostre 2018

Antonio Donadio – How many?

Antonio Donadio nasce a Corigliano Calabro il 23 febbraio 1972

Autodidatta, inizia a fotografare da giovanissimo favorito dall’essere  la passione per la Fotografia una  tradizione di famiglia antica e radicata. Passione che interrompe di assecondare dedicandosi, dopo aver interrotto gli studi di Giurisprudenza a Roma, alla gestione di locali, sia per conto terzi che in proprio. Riprende a fotografare  nel 2013 ampliando il suo bagaglio tecnico, basato sull’ utilizzo della pellicola, acquisendo le nozioni necessarie al passaggio alla fotografia digitale. Entra quindi a far parte dell’ Associazione Culturale Corigliano per la Fotografia grazie alla quale ha modo di frequentare prestigiosi workshop tenuti annualmente in occasione del Festival, fra i quali quelli di Francesco Zizola, Monika Bulaj, Valerio Bispuri. Affina le sue conoscenze nel campo della postproduzione, dell’uso avanzato del flash, della sala posa e della ritrattistica. Presenza consueta nei locali notturni nei quali , con un approccio “street”, si dedica a documentarne gli eventi, espone in diverse mostre locali e, da ultimo, trasforma anche in una professione quella che era solo una passione.

How many ?

Fontana di Trevi. Fiume ininterrotto di turisti provenienti da ogni dove. Fiorentine, ostriche, astici, scampi esposti in vetrina a rappresentare quanto di meglio si possa offrire in tavola. Scaltri camerieri, che più fanno spendere al cliente e più guadagnano, che vendono a peso il pesce e la carne in porzioni pantagrueliche. Velocissimi commis di sala che più corrono agli ordini dei camerieri più possono arrotondare il loro stipendiuccio con le mance da questi condivise e che sperano, un giorno, di diventare camerieri a percentuale. Cuochi rumeni o dello Sri Lanka che cucinano carbonare, amatriciane e pesce pregiato. Lavapiatti bengalesi che sudano incessantemente in una vera e propria fornace, ma più sono lesti a far uscire i piatti dalla cucina più sperano di ricevere in mance dal personale di sala. Acchiappini che parlano cinque lingue e a venti metri di distanza riconoscono scarpe, orologi e gioielli identificativi di turisti facoltosi, che occupando uno dei preziosi tavoli garantirebbero un adeguato ritorno economico alla dozzina di persone , fra sala e cucina , che compongono ciascuno dei due turni giornalieri, sette giorni su sette, senza soluzione di continuità, così da anni. Differenze. Diverse esigenze fra chi è pagato con uno stipendio e chi guadagna una lauta percentuale sugli incassi del locale. Fra chi è ateo, chi cattolico, chi ortodosso e chi musulmano . Liti. Per i turni, per i criteri di suddivisione delle mance, per motivi futili. Bastano però due parole a farle cessare : How many?
“How many ?” chiede urlando la sua soddisfazione l’ acchiappino quando identifica come facoltosi i turisti che si accinge a far accomodare nel ristorante. “How many ?” (“per quanti il tavolo ?”)… e dopo un attimo di silenzio tutte le discussioni nel ristorante cessano, tutti corrono a fare la propria parte.
E poi , insieme, risate e pianti, egoismo e slanci di solidarietà, odio e amore : tanta Umanità.
Tutto questo i dieci mesi come preposto alla gestione di un ristorante a Roma.

CURATELA di BENEDETTA DONATO

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